Cyber Security e gender gap…. quell’obiettivo di Società Benefit molto importante…



Essere Società Benefit al giorno d’oggi rappresenta una sfida su più fronti.

Un operatore economico, impegnato nel conseguimento degli obiettivi di Sustainable Development dell’Agenda UN 2030, può conseguire vantaggi relativi ad un alleggerimento della pressione fiscale, nonché quanto alla partecipazione a gare pubbliche. Si riscontra, però, che applicare effettivamente quei principi di sviluppo sostenibile nella prassi lavorativa quotidiana è tutta un’altra storia.

Tra gli obiettivi più sfidanti che interessano il mondo della Cyber Security, certamente si rinviene l’esigenza di colmare le disparità di considerazione e trattamento che sussistono tra uomini e donne non solo sul luogo di lavoro, ma anche nella fase del recruiting.

Secondo Maria Cristina Vicini, Chief Revenues Officer di Cyber Partners, “Tradizionalmente, il mondo del lavoro in ambito scientifico è stato appannaggio degli uomini, nonostante uno studio meno superficiale della storia possa regalarci nomi di donne che ancora oggi, dopo secoli, hanno migliorato e migliorano la nostra esistenza. Penso a Marie Curie, Helen Tassusig, Francoise Barre-Sinoussi, Rita Levi di Montalcini e tantissime altre, sino ad arrivare alla nostra coeva Samantha Cristoforetti”.

Alla luce del 2021 Women in Digital Scoreboard[1], permane un significativo gender gap nelle competenze digitali specialistiche, anche se, in relazione alle competenze degli utenti di Internet, tale divario si sta riducendo di anno in anno.

Secondo il Report, esiste ancora un notevole divario di genere nelle competenze digitali specialistiche. Le donne rappresentano soltanto il 19% degli specialisti in ICT e circa un terzo dei laureati dei percorsi STEM. A completare il quadro, si evidenza che tali cifre sono rimaste invariate nel corso degli anni precedenti, ma l’Unione Europea si aspetta di raggiungere la Gender Parity in ambito occupazionale IT entro il 2030.

Il divario è significativamente minore per quanto riguarda l’uso di Internet e le competenze degli utenti di Internet. Nel 2020, l’85% delle donne usava regolarmente Internet, rispetto all’87% degli uomini. Quanto alle competenze digitali, il 54% delle donne possiede competenze digitali di base (contro il 58% dei maschi). Il 29% ha competenze digitali avanzate (contro il 33% dei maschi) e il 56% possiede competenze software di base (contro il 60% dei maschi).

Si rileva, inoltre, che le donne sono più digitali in Finlandia, Svezia, Danimarca, Estonia e Paesi Bassi. Le donne di Romania, Bulgaria, Polonia, Ungheria e Italia ottengono i punteggi più bassi per quanto riguarda la partecipazione femminile al mondo della cultura e del business legato al settore IT.

Qual è il valore aggiunto che le donne possono apportare al mondo della Cyber Security?

Il pensiero di  Maria Cristina prosegue:

Nel mondo ideale non esiste un valore aggiunto perché donne e uomini sono considerati alla pari, anche nei pregi e quindi nel valore aggiunto. Trovandoci, però, oggi calati in un sistema sociale, giuridico ed economico in cui la donna si colloca un gradino sotto l’uomo, è evidente che per farle conquistare quel gradino bisogna portare sul tavolo del dibattito tutte quelle doti che generalmente permettono alle donne di essere pazienti nello sforzo, altamente brillanti nei momenti di difficoltà e capaci di infondere coraggio e determinazione.
Ad oggi, l’elevato livello di tecnologia della minaccia cibernetica richiede un adeguato livello di risposta, che spesso la formazione universitaria dei giovani non riesce a garantire. A ciò si aggiunge la considerazione sociologica per la quale la maggior parte dei giovani che approcciano il mondo della sicurezza informatica sono spinti, innanzitutto, dalle proprie passioni emergenti sin dall’adolescenza, le quali trovano un’immediata risposta da parte dell’affannata offerta di lavoro nel settore. La somma di questi (e di altri) fattori fa sì che la percentuale di esperti in ambito cyber security non laureati sia tra le più alte riscontrate nelle materie STEM. Dall’ultimo rapporto di Almalaurea[2] le donne rappresentano il 60% dei giovani laureati e le percentuali negli ambiti scientifici sono tra le più alte. Si potrebbe, pertanto, immaginare che le politiche di women empowerment, con particolare riferimento al momento dell’accesso alla carriera, potrebbero concorrere alla riduzione di un ulteriore gap che interessa il settore, ossia quello tra università e mondo del lavoro, con i benefici reciproci che ne conseguono.”


In quali ambiti, in particolare, le donne possono dare il loro fondamentale contributo per costruire le ormai indispensabili competenze digitali nell’attuale cyber società?

A questa domanda Maria Cristina risponde così:

“Non vedo nessuna limitazione, possiamo dare il nostro contributo in tutti gli ambiti, nei settori tecnici, commerciali e manageriali.
Ci sono paesi e realtà con cui collaboriamo, i quali in ambito cyber security sono sempre stati all’avanguardia, dove a capo di strutture molto particolari e tecnologiche, i famosi Red Team, ci sono delle donne e nessuno si meraviglia!
In tutto il mondo, la trasformazione digitale è in mano alle nuove generazioni, tranne che in Italia; in questo caso, le giovani donne si trovano doppiamente svantaggiate per il genere e per la giovane età.
Per questo è importante e dobbiamo sostenere queste organizzazioni!”

Emanuela Giacomelli, dell’ufficio marketing e comunicazione di Cyber Partners, evidenzia che: “Le donne hanno la straordinaria capacità di fare squadra e sono dotate di soft skills che gli permettono di essere più organizzate, empatiche, orientate ad un rapido problem solving ed inclusive. Non bisogna, però, cadere nel tranello degli stereotipi e redigere policy aziendali di gender parity che strizzino l’occhio a quelle considerazioni che nel tempo hanno indebolito la figura della donna, invece che emanciparla”.

Il dibattito, si sposta inevitabilmente sul piano delle misure organizzative da attuare nelle aziende, al fine di ridurre al minimo il rischio relativo alla disparità di trattamento. Certamente esse possono variare a seconda del carattere di azienda e, in generale, tendono a garantire che la forza lavoro sia bilanciata e che ogni risorsa sia sensibilizzata sui temi dell’inclusività. Si pensi alle politiche di recruiting mirate tramite associazioni che uniscono talent scout e sensibilizzazione; ai percorsi di certificazione sulla base della UNI PdR 125, cert. ISO30415, supportati da training e simulazioni di casi pratici; al rafforzamento delle relazioni con le università e gli istituti di ricerca.

L’impegno profuso, sino ad ora, dalle aziende di cyber security sicuramente non è abbastanza. Sono sforzi che diventano rilevanti nel momento in cui sono percepiti nella prassi della vita lavorativa. Questo obiettivo anima lo spirito di Cyber Partners, start up che mette al centro le persone e la loro sicurezza, come è giusto che sia.


[1] Il Women in Digital Scoreboard, parte integrante del Digital Economy and Society Index (DESI), è il risultato di una serie di assessment, condotti dalla Commissione Europea e interessanti gli Stati Membri, sull’utilizzo di internet, sulle competenze dei relativi utenti, nonché sulle competenze specialistiche e sul livello di occupazione nel settore IT. Il Report è visionale al l’indirizzo: https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/news/women-digital-scoreboard-2021.

[2] Lo studio è consultabile al seguente link: https://www.almalaurea.it/informa/news/2022/01/28/rapporto-tematico-genere.